PROFUMI DI PIASTRE…

Report: Venerdì 11 Settembre 2020

Partecipanti: Claudio Forcella, Maurizio Greppi

Luogo: pressi del Monte Sicolo, Valle di Fonteno

Obiettivo: prosecuzione disostruzione in laminatoio ventoso

Dopo aver temporaneamente abbandonato le esplorazioni di Qator (che riprenderanno questo inverno, dettagli nei report precedenti) proseguono le campagne di indagine dei vari ingressi soffianti scoperti nell’area carsica, ovviamente partendo da quelli più promettenti.

Tra questi sicuramente rientrano gli ingressi che diedero esito positivo ai tracciamenti con sostanze profumate effettuati nel contesto del secondo, riuscitissimo, appuntamento con il workshop “Meteo-Hypo” (tenutosi a Fonteno nel Febbraio 2015 e organizzato da Progetto Sebino con Federazione Speleologica Lombarda).

Se in occasione del primo workshop (Fonteno, Dicembre 2013) ci si era concentrati soprattutto sugli aspetti teorici della meteorologia ipogea, con il compianto Giovanni Badino ad aprire il danze letteralmente incantando i presenti (dissertando su concetti anche molto complessi resi più semplici dalla sua incredibile ars oratoria), nel secondo appuntamento si cercò di tradurre in pratica i principali aspetti e risvolti delle nozioni apprese pianificando per le settimane successive delle operazioni di tracciamento dei flussi d’aria con sostanze profumate, contando sul prezioso aiuto e sulla disponibilità soprattutto del mitico Maurizio Miragoli (con cui Progetto Sebino tuttora collabora!) e del bravo G.D. Cella, entrambi in qualche modo pionieri almeno in Italia di questa nuova modalità di indagine speleologica.

Come ampiamente atteso e sperato, una grotta dal buon potenziale e caratterizzata da un importante flusso d’aria da ingresso meteoalto, posta sulle creste del Monte Sicolo nella Valle di Fonteno (1.250 mslm circa) risultava collegata con i grandi abissi posti a fondovalle.

La grotta in questione risponde al nome, bizzarro assai, di “Piastre Magique”.

Provo a descrivere un pò questa grotta, davvero particolare.

Piastre Magique venne chiamata così per la sua morfologia, pressochè identica per tutta la porzione di grotta ad oggi conosciuta (circa 250 m di sviluppo complessivi): si sviluppa in interstrato pieno con inclinazione costante di circa 60° (quindi piuttosto ripida…). I due strati calcarei (le “piastre”, appunto) che si trovano all’ingresso, praticamente costituiscono pavimento e soffitto della quasi totalità della cavità.

Da un punto di vista aerologico, come detto, si tratta di un ingresso meteoalto, posto vicino alle creste.

La progressione, almeno ad oggi, non richiede nemmeno l’utilizzo di imbrago e attrezzature: non si devono superare pozzi o salti. Eppure la grotta è impegnativa: tira giù dritta come un fuso fino al limite esplorativo, sempre con inclinazione costante ed è proprio questa caratteristica a rendere faticosa la progressione: impossibile pensare di utilizzare bloccanti e discensore (sarebbe solo un tedio infinito!) ma anche assai arduo muoversi in libera, in un contesto abbastanza scivoloso, su piano inclinato, dovendo gestire le sacche.

In caso di scivolata o perdita dell’appiglio, si va giù come su un toboga; stessa sorte toccherebbe a sacche e materiali.

Tanto per dire, sui fondi della grotta, che è appena più inclinata rispetto al versante esterno della montagna, non saremo poi così in profondità…forse sui 20 metri. La profondità rispetto all’ingresso invece è, nel punto più profondo, pari a circa -75 m.

Le morfologie si alternano tra passaggi più simili a veri e proprio laminatoi, alcune strettoie abbastanza faticose ma anche con ambienti decisamente più grandi dove la difficoltà, come spiegato, è dettata dall’inclinazione non indifferente e costante del piano.

Per fortuna all’epoca ci si era dedicati ad un importante lavoro di installazione di staffe metalliche, la maggior parte delle quali a soffitto, spesso quasi indispensabili in fase di uscita vista l’assenza di appigli in taluni passaggi dove, manco a dirlo, le pareti a destra e a sinistra sono troppo lontane per essere raggiunte ed assicurarsi in contrapposizione. Vista la presenza di queste staffe metalliche, a simulare una sorta di scaletta a pioli, la via prende il nome di “Piolanza”.

Inoltre, lungo la via di progressione, a soffitto era stata installata una corda che, con l’aiuto di alcuni frazionamenti tattici, agevola non poco perchè consente di aiutarsi con le mani o i piedi.

Ad un certo punto la grotta svolta decisamente a destra: dopo un paio di strettoie si accede ad una saletta. In questo punto, frontalmente rispetto ad un arrivo fossile da monte (transitabile per una ventina di metri), si trova il punto dove stiamo procedendo con attività di scavo e disostruzione (questa via era stata chiamata “La Via dei Bronchi” a causa dell’intensa corrente d’aria presente). Sempre su piano inclinato, ovviamente…stretta e “quasi” non transitabile (dopo spiego il perchè del “quasi”)…un laminatoio alto sempre tra i 25/40 cm…a soffitto qua e là tante piccole stalattiti…

Procedendo oltre questa saletta, dopo un’altra strettoia di un paio di metri, si accede ad un’altra saletta dove, frontalmente c’è una prosecuzione (stretta e impostata su evidente frattura) mentre a sinistra, tramite un passaggio, si accede al vero ambiente terminale, ovvero un ampio interstrato fossile, largo sui 6/7 metri e alto circa 3. Dal soffitto fanno bella mostra di sè numerose stalattiti (nome dell’ambiente: “Via Concra”) mentre, a pavimento, ingenti quantità di materiali di crollo ostacolano la comprensione del flusso d’aria che, come sempre capita in questi casi, di fatto si perde. Proseguendo lungo questo ambiente, dopo una ventina di metri, la frana occlude la via anche a soffitto.

La storia esplorativa di Piastre Magique si può di fatto riassumere in questo modo: dopo la scoperta, a pochi metri dall’ingresso del materiale incastrato ci aveva impegnato per un’intera uscita; una volta disincastrato e fatto rotolare giù siamo arrivati sul fondo tutto sommato agevolmente.

Dopo aver esplorato il ramo a monte nella saletta-crocevia ed aver tentato uno scavo in frana nel salone/interstrato terminale, ci si era concentrati sulla “Via dei Bronchi” dove, nonostante le “ristrettezze” e la conseguente intransitabilità, almeno si avvertiva un flusso d’aria convinto e deciso e dove, di fronte a noi, si vedeva l’oscurità più totale…il materiale rotolava e si sentiva rotolare finchè, evidentemente, era troppo lontano per essere udito!!!

Dopo un intenso lavoro di allargamento che ci aveva consentito di proseguire per alcuni metri, i due strettoisti presenti, decisamente smilzi, si erano avventurati verso il basso e, non senza difficoltà, avevano esplorato per una decina di metri circa. Tornando avevano raccontato che l’interstrato/laminatoio proseguiva ancora ma non erano stati in grado di capire se poco più avanti le dimensioni fossero più agevoli. Tanto per dire, avevano dovuto levarsi persino il casco…poi Massimiliano Mannone (uno dei due strettoisti) facendo una manovra passando vicino ad una piccola stalagmite aveva rimediato una botta sul sopracciglio con conseguente litrata di sangue persa…

Questa volta siamo io e Claudio, determinati ad approfondire il discorso ed a portare avanti le attività di allargamento.

Siamo consapevoli che saranno necessarie almeno 3/4 uscite prima di capirci qualcosa: la “Via dei Bronchi” è ostica, serviranno voglia, costanza e in una parola…caparbietà.

Arriviamo sul Monte Sicolo alle 11:00 passate. Bella giornata di fine estate: la grotta “ciuccia” convintamente in piena circolazione estiva. Rimosse le grate di sicurezza, cominciamo la nostra inquietante discesa verso gli inferi…

Ridendo e scherzando, per arrivare sul fondo servirà circa mezzora.

Pausa pranzo, occhiatina veloce all’ambiente terminale di crollo (Claudio è qui per la prima volta e giustamente vuole curiosare qua e là) e…finalmente si parte.

A turno si striscia nell’ambiente, stimolati dall’oscurità di fronte a noi. Si smazzetta, si usa il piede di porco, le mani…e tutto quanto serve in queste occasioni. Ogni blocco che si stacca, rotola giù verso l’oscurità…

Si riesce a vedere per circa una decina di metri, poi la via sembra spostarsi verso sinistra ma senza cambiare direzione. A circa 10 metri di distanza SEMBRA che l’ambiente tenda ad alzarsi.

La cosa certa è che i sassi rotolano davvero a lungo, almeno 10 interminabili secondi finchè torna il silenzio totale: si fermeranno da qualche parte? Oppure davvero sono così lontani da non poterne più udire il rumore?

Boh!

L’unica è provare a proseguire…

L’aria è piuttosto decisa, seppur non violenta…ma siamo in una stagione sicuramente un pò particolare per fare considerazioni di questo tipo che siano davvero attendibili.

Necessario comunque darsi il cambio ogni 20 minuti circa, altrimenti si gela!

Constatiamo comunque che la saletta da cui si accede alla “Via dei Bronchi” è una sorta di crocevia anche per il flusso d’aria: essa si immette nell’ambiente convinta dalla via principale, poi una parte sembra fare un ricircolo con il rametto a monte, una parte consistente si immette nella “Via dei Bronchi”, una parte comunque significativa va verso la “Via Concra”.

Il solito casino insomma…

Lavoriamo soprattutto a soffitto, giusto per recuperare quei 10 cm che consentano un transito in condizioni umane di sicurezza. Bisogna stare molto attenti nel passarsi gli attrezzi: se perdi la presa…è perso anche l’attrezzo.

Alla fine, dopo circa 7 ore di smazzettamenti e simili, recuperiamo circa 3 metri e la visuale è migliore. Dobbiamo proseguire per almeno una decina di metri ulteriori per capirci qualcosa in più.

Tre/quattro metri di fronte a noi, mi pare di scorgere una canaletta, il cui fondo è un pò più basso rispetto al piano circostante di una decina di centimetri a occhio.

Forse, raggiungendola, potremo recuperare qualche metro rapidamente.

Staremo a vedere…credo che lo sapremo presto.

Forse già il prossimo weekend del 19/20 Settembre o, al più tardi, entro la fine della settimana prossima.

Usciamo dopo le 20:00, constatando che per l’uscita il tempo richiesto, con 2 sacche belle pesanti, come immaginavamo è di circa 45 minuti.

Una discreta sudata comunque.

Arriviamo al fuoristrada, ci sistemiamo e decidiamo di fermarci al torrente in valletta per il lavaggio materiali. Nonostante la poca acqua, riusciamo nell’intento, in tempo utile per la solita pizza e birra di festeggiamento finale.

Le nostre pizze, anzichè emanare il solito odore di mozzarella, pomodoro e salame piccante, hanno un odore inconfondibile: odorano di Bueno Fonteno e Nueva Vida…due specialità DOP locali…

Maurizio