Partecipanti Progetto Sebino: Greppi Maurizio (anche Speleo CAI Lovere), Efrem Verderio, Nicola Belotti

Erano anni che, transitando da Ciclopico, osservavamo la grande colata alla base di quella che sembrava essere una stretta finestra/fessura 30 metri più in alto, chiedendoci che cosa potesse celare. Lo stillicidio era costante ma mai significativo. Il passaggio, difficile da interpretare da così in basso, non sembrava comunque enorme.

Così la possibile via era stata ignorata in vista di esplorazioni più promettenti, tuttavia il dubbio restava.  Ben sapendo che cosa può nascondere in questo complesso il più insignificante dei passaggi nel 2018 si era deciso di cominciare una campagna esplorativa.

A seguito di impegnativa risalita, si era giunti in ambienti attivi, non molto gradevoli (pareti marciotte, stillicidio, fango e pozzanghere, passaggi scomodi), impostati su grande frattura. In tutto circa 100/150 metri nuovi, peraltro mai rilevati. Le esplorazioni avevano coinvolto soci di Progetto Sebino, GS Valseriana Talpe e SCO.

In base alle descrizioni, un meandro di buone dimensioni conduceva ad un nuovo grande camino fossile di 40/45 metri (Camino “Doppio Malto”, base 10 x 6). Quest’ultimo veniva risalito da F. Merisio (SCO) ma purtroppo la possibile prosecuzione stringeva/chiudeva su concrezione.

Poco prima, lungo il meandro, veniva attaccata in successiva punta anche la via attiva, cercando di raggiungere la sommità con altra impegnativa risalita. In tutto venivano recuperati 25 metri di verticale, in condizioni che ci vennero descritte come sicuramente non delle più agevoli.

Infatti, la morfologia dell’ambiente, impostato su frattura, non concedeva una buona visuale sulla migliore linea di progressione da seguire; il risalitore era costantemente esposto alla “doccia” (cascatella); l’assicuratore invece era a rischio di caduta massi che, cadendo, avrebbero potuto facilmente danneggiare anche le corde (statica e dinamica).

Di lì a breve l’aumento delle precipitazioni peggiorò la situazione ed impose uno stop in attesa di tempi più siccitosi. Siamo ormai nel 2019 (14/07/2019, si veda post dedicato sul sito a firma Sebastian Ferri dello SCO) inoltrato, impegni legati all’attività del 100 km ed in seguito il Covid ci costrinsero al continuo rinvio.

Per quanto mi riguarda mi ero occupato di gran parte della risalita dalla base di Ciclopico (poi conclusa da Giorgio Tomasi delle Talpe) ma non avevo poi partecipato alle esplorazioni successive del ramo.

Ora, visto il lungo periodo trascorso in assenza di pioggia, era il momento ottimale per proseguire o comunque per capire che situazione fosse stata lasciata. Purtroppo nessuno si ricordò di produrre un report dettagliato in merito al materiale lasciato (quale e quanto), che tipo di ancoraggi fossero stati utilizzati  e in generale le informazioni a riguardo risultavano parziali.

Quindi decidiamo che quella sarà la nostra mèta per l’esplorazione prevista in data Venerdì 4 Febbraio.

Siamo io (Maurizio), Nicola ed Efrem. Tutti abbastanza fuori allenamento per vari motivi, siamo anche belli carichi: non sapendo che cosa troveremo in loco, abbiamo con noi trapano con doppia batteria, kit risalita completo con annessi e connessi, statica ed attacchi vari oltre agli effetti personali ovviamente.

L’appuntamento è per le 10:00 al consueto ritrovo alla Forneria di Solto Collina, solite due parole, acquistiamo panini e focacce e ci dirigiamo verso il mio garage a finire di recuperare il materiale tirato insieme velocemente la sera prima. Poi diretti in valle a Fonteno che sono ormai le 11:30. Ci prepariamo e ci incamminiamo lungo il sentiero verso l’ingresso constatando che le piene dello scorso autunno hanno letteralmente devastato alcuni tratti di sentiero, con numerose piante cadute. Servirà un po’ di manutenzione.  Entriamo. Le sacche sono dei bei mattoni, siamo un po’ fuori allenamento, in compenso per fortuna il regime idrico è ai minimi termini e la progressione procede senza intoppi. Verso le 13:30 siamo alla base della risalita nello scenografico salone Ciclopico.

Risaliamo lungo la corda e verifichiamo le condizioni degli ancoraggi al frazionamento dopo tiro unico nel vuoto di circa 25 metri: i due moschettoni del “coniglio” sono in ferro ed in buone condizioni.

Piccola pendolata e si raggiunge l’armo in cima che consente di addentrarsi nel meandro dove nessuno di noi, me compreso, è mai stato. In questo caso i tre moschettoni, in lega, si rivelano in condizioni non ottimali. L’uscita è scomodissima: una scaletta di uno dei kit risalita (che infatti ci mancava all’appello in magazzino) è stata posizionata per agevolare il passaggio che comunque risulta sgradevole. La scaletta si rivela praticamente fondamentale, in futuro sarà necessario, per recuperarla, organizzarne la sostituzione con qualche staffa metallica a parete. Una sbarra metallica (utilizzata nel 2019 per disgaggiare il passaggio in frana sospesa…) è stata incastrata tra le pareti per rendere più comoda l’uscita e per evitare lo sfregamento della corda su di un grosso sasso. Appena fuori, si gattona tra pozzanghere e fango: tutto pessimo!!!

Finalmente, dopo alcuni metri, ci alziamo in piedi e ci ritroviamo in un meandro di buone dimensioni (larghezza 2 metri) che, in realtà, è la base di una grossa frattura. Dopo una decina di metri vediamo una corda sulla destra che sale, in mezzo ad un fastidioso stillicidio. Capiamo che quello è il punto dove dovremo salire per proseguire l’esplorazione.

Tuttavia dobbiamo prendere una visione d’insieme e proseguiamo lungo la via. Dopo altri 6/7 metri una seconda scaletta (l’altra che risultava mancante a magazzino, come previsto) ed una corda consentono, tramite uno stretto e scomodo pertugio, il superamento di una piccola verticale di un paio di metri. Ci ritroviamo così alla base del camino fossile risalito da Francesco Merisio. Uno sfondamento a pavimento, con morfologie suggestive, conduce verso una fessura verticale impraticabile. Il camino è comunque imponente.

Purtroppo la via risalita non era stata disarmata: la corda si perde di vista dopo una trentina di metri ed un paio di frazionamenti. Oggi tuttavia non è in programma il disarmo: non siamo organizzati, anche perché siamo già belli carichi e non ne avremmo comunque il tempo, senza contare che la via va ancora rilevata. Ma sarà assolutamente da programmare perché a occhio stiamo parlando di una quarantina di metri di corda ed almeno 5 attacchi. A disarmo e rilievo effettuati, questa via potrà essere del tutto abbandonata e così potremo recuperare anche la scaletta e il piccolo spezzone di corda posti all’ingresso della sala.

Torniamo così sui nostri passi. Dopo un breve spuntino, mi organizzo io per la risalita. Sono ormai le 15:30. Tanto per cominciare risalgo lungo le corde per arrivare in cima e verificare il lavoro da fare mentre Nicola ed Efrem aspettano indicazioni. Dopo un paio di frazionamenti trovo una sacca appesa contenente la dinamica. In cima trovo una “bambolina” di statica (circa 30/35 metri). Morale: abbiamo portato tonnellate di materiale per nulla…va beh. Era da mettere in conto.

Purtroppo la situazione è persino peggiore di quanto mi aspettassi: l’ultimo ancoraggio posizionato dai primi risalitori (Aldo Gira-PS/SCO e Sebastian Ferri-SCO) si trova esattamente sopra la verticale di progressione, lo stillicidio è costante nonostante la secca e le pareti sono in pessime condizioni. In caso di caduta di materiale, a rischio sarebbero i miei due compagni giù in basso e persino le corde. Essendo su frattura, con varie sporgenze, vanno considerati anche possibili rimbalzi, con tutte le variabili balistiche del caso. Infine, è pressocchè impossibile comunicare: l’eco è micidiale e non siamo a vista.

Guardando in alto, non si riesce bene a capire da dove arrivi l’acqua.

Che si fa??? Il tempo passa…

Non avevamo in programma numeri da circo ed il tempo è tiranno. Sulla mia sinistra la frattura prosegue restringendosi un po’: apparentemente del materiale incastrato potrebbe consentire di recuperare metri in libera muovendosi anche in contrapposizione. Questo consentirebbe di spostarsi dallo stillicidio e in parte dalla verticale della linea di progressione, diminuendo i rischi di lesione per le corde. Inoltre, mal che vada, individuo un buon punto dove si potrà posizionare l’assicuratore che a quel punto sarebbe a portata di voce e di vista, comodo per l’assistenza del caso e del tutto fuori pericolo. Opto quindi per questa soluzione, dopo essermi consultato con Nicola che nel frattempo mi ha raggiunto con il materiale necessario.

Non è che la soluzione ci esalti ma è comunque un discreto punto di partenza.

Efrem attenderà giù da basso al riparo per eventuali necessità.

Dopo aver sistemato un traverso comincio a spostarmi sulla sinistra in direzione della frattura. Le pareti si sbriciolano che è una meraviglia ed occorre sempre muoversi con cautela, se non altro per non lesionare le corde sottostanti. Mi infilo nel restringimento e, con l’aiuto della scaletta, posizionando alcuni ancoraggi dopo alcune contorsioni riesco a recuperare 3 metri in verticale e circa 5 in orizzontale. Cerco di capire da questo nuovo punto di osservazione come prosegua lassù in cima ma non ci capisco granchè: il posto è “strano”. A occhio i metri da risalire ancora, per arrivare al punto da cui arriva l’acqua, sono circa una quindicina. Le scomodità e le difficoltà ci suggeriscono il nome della risalita: risalita DM (a buon intenditor…).

E’ solo un caso che siano le iniziali dell’altra risalita (Doppio Malto, quella da disarmare) del ramo.

Ridendo e scherzando le operazioni hanno richiesto circa 4 ore ed è ora di cominciare a rientrare. Non ci possiamo dire soddisfatti appieno ma sicuramente abbiamo fatto qualche passo avanti: la prossima volta sapremo esattamente cosa fare e da dove ripartire con la risalita in artificiale. Rassettiamo il materiale e scendiamo raggiungendo Efrem che ha pazientemente atteso al freddo. Ancora un veloce spuntino, prendiamo nota del materiale che lasciamo, ricompattiamo le sacche e cominciamo il rientro che sono ormai le 21:00 passate.

Nicola si offre di sostituire i 3 moschettoni in lega ormai in via di degrado, in cima al pozzo, con 3 moschettoni in acciaio. L’operazione non è comodissima ma riesce (con l’aiuto di alcune imprecazioni…).

Quando siamo alla base di Ciclopico, recuperiamo del materiale in lega ed alcune soste che troviamo in una ulteriore sacca appesa ad un ancoraggio. A questo punto è meglio portarlo fuori.

Nicola è desideroso di cimentarsi in alcuni scatti, come sempre molto belli (sono quelli visibili a corredo del post), purtroppo io ed Efrem facciamo da modelli compromettendone in parte il risultato…  : )

Le sacche si confermano dei mattoni, siamo un po’ stanchi ed infreddoliti ma la progressione è costante e senza intoppi ed ovviamente sempre molto divertente.

Siamo fuori verso mezzanotte. Ci accorgiamo che il tetto della casetta all’esterno è sfondato, probabilmente per la caduta di materiale dal versante: non si riesce nemmeno ad aprire la porta…che peccato!!!

Non siamo riusciti a concludere la risalita ma non è che ci contassimo: il vero scopo dell’uscita era, oltre a rimettere un po’ di corda (e di peso…) nelle gambe, prendere visione del lavoro da fare, capire quale e quanto materiale fosse rimasto nel ramo in esplorazione e portarci avanti in un periodo con regime idrico ottimale. Da questo punto di vista gli obiettivi sono stati tutti raggiunti. Oggi (18 Febbraio), momento in cui scrivo, purtroppo le condizioni sono già un po’ cambiate: nei giorni scorsi ha piovuto abbastanza (e anche un po’ nevicato) e questo ci suggerisce che sarà meglio aspettare prima di tornarci. Ma almeno avremo un punto senz’altro migliore da cui ripartire e con le idee molto più chiare. Sarà opportuno essere almeno in 4: così mentre due persone si dedicheranno a rilievo e disarmi, due potranno proseguire l’esplorazione. Una volta in cima…faremo tutte le valutazione del caso!

Efrem rientra a casa; io e Nicola, una volta rientrati a Solto Collina, siamo felici nel constatare che la pizzeria è ancora aperta. Alla fine tiriamo le 4:00 di mattina conversando del più o meno di fronte ad una buona birra.

Maurizio